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Marzia Migliora

  • Mostra
  • 6 Luglio 2001 - 22 Luglio 2001
Continua il programma di presentazioni in anteprima della Videoteca GAM. Anche in questa occasione verrà mostrato l'ultimo lavoro di un'artista giovane dell'area torinese. Dopo anni di ricerca nel campo della fotografia come strumento di indagine di una memoria istituzionale e più ancora museale, Marzia Migliora ha avvicinato il video, rinnovandone la vocazione intima, di racconto personale, ed enfatizzandone le possibilità verbali e sonore. Come già nella sua ultima mostra a Milano, anche in questa ospitata alla GAM, vengono esaltate le potenzialità di suono e parola quali elementi autonomi, capaci di rapportarsi in modo visivo e plastico all'ambiente secondo una tradizione che deve a Derek Jarman i propri inizi.

La mostra si compone di due installazioni: un video Punto croce, 4', 2001 e un'istallazione sonora Paziente B.St., sarta, nubile, nata nel 1845, 2001
Punto croce Appesi a un filo. Trafitti da un ago.

A volte sono davvero sottili i meccanismi che ci riducono all'immobilità.
Come un filo teso e roso, angolo dopo angolo, tra le rette incrociate di Crosso. Come un filo rosso che unisce parole e discorsi, tesse racconti come traccia disegni. Tra indice e pollice l'ago trapassa il mignolo, si àncora al piccolo nodo tentandone due volte la presa, con diligenza. La mano sinistra tiene dietro alla destra, ripete l'atto e restituisce l'ago.
Indice e pollice, mignolo e mignolo, indice e pollice, anulare e anulare, indice e pollice… Le gerarchie appartengono alla logica, accompagnano l'inizio e la fine, ma la simmetria silenziosa è dell'ossessività. Va da destra a sinistra senza parola e senza scrittura. Indice e pollice, medio con medio, indice e pollice… si compone una rete che non è fatta per raccogliere e non è fatta per salvare, è fatta solo per legare. L'indice è ancora libero, ma non più. Il pollice è ancora libero, ma non più. Non sarà più possibile cucire, tessere l'attesa o cancellare di notte il tempo del giorno. Tra indice e pollice, esile e affusolata c'è l'ossessività che pone freno a se stessa solo nel dolore, ma ricomincia ogni volta che il legno del dondolo si allunga a terra scricchiolando sotto il peso del corpo, perché dove non c'è sviluppo è il ritmo a dettare le regole. Se il filo traccia un punto in diagonale, la necessità è di tracciarne un altro opposto, per chiudere la croce.

Paziente B.St., sarta, nubile, nata nel 1845
è un caso raccolto da Jung, sussurratoci all'orecchio, come un tempo ci raccontarono una storia in cui un fuso maldestramente toccato induceva ad un sonno lunghissimo e profondo, fra materassi di spine e giorni tutti uguali, gli uni stretti a fianco agli altri come i fili di un tessuto. Li si conta raccontandosi filastrocche, per non perdere il segno, poi la punta dell'ago ne solleva uno, lascia che ci passi sotto l'unghia dell'indice e poi il dito. Il filo sparisce tra le pieghe della mano. Ora è rosso e reciso, ma il suo vuoto è già un ricamo e quel suono deciso e sordo che si è nascosto nel pugno resta teso nell'aria. Aspetta il seguente. Tanti fili uguali vanno tolti dai lati uguali, è una questione di simmetria.