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Astolfo debella le arpie

  • Ottocento
Astolfo debella le arpie
1835
olio su tela
P/320
cm 141,5x107,5

Il dipinto venne eseguito nel 1835, poichè è ricordato come opera da poco terminata in una lettera di Francesco Gonin all'artista datata 1 gennaio 1836. Il soggetto è tratto dal canto XXIII dell'Orlando Furioso. La predilezione di d'Azeglio per Ariosto è chiaramente espressa nei Ricordi, capo VII, trattando delle giovanili letture dei classici: "Io preferivo Dante ed Ariosto a tutti, e ancora oggi li preferisco". Il rapporto letteratura - pittura è un tratto tipico dell'opera azegliana, ma risulta tanto più presente in questi anni milanesi che coincidono con la stesura del romanzo Ettore Fieramosca con la frequentazione di Manzoni e Grossi, con il clamoroso successo dei suoi paesaggi animati da scene storiche e romanzesche. Il dipinto venne esposto a Brera nel 1837, dove furono presentati numerosi quadri del d'Azeglio, di cui tre di soggetto ariostesco. Nell'opera l'interesse per il paesaggio (montuoso e selvaggio, appena schiarito da una luce radente) è preponderante; la figura alata, puntando verso il basso, suggerisce profondità e avvallamenti fra primo e secondo piano.

Giulia Carpignano