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Hans Hartung

  • Mostra
  • 27 Gennaio 2000 - 2 Aprile 2000
La mostra, che chiuderà i battenti il 2 aprile 2000, si tiene nelle sale espositive della GAM e si avvale di importanti prestiti di musei italiani e stranieri
( Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, Kunstmuseum di Düsseldorf, Kunstammlung Nordrhein-Westfalen Düsseldorf, Hessisches Landesmuseum Darmstadt, Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris) e di collezioni private.

Essa presenta oltre 140 opere ripercorrenti l'intero arco del percorso creativo dell' artista, a partire dagli acquerelli degli anni Venti, fino alle opere degli anni Ottanta.

La mostra e il catalogo sono stati realizzati con il pieno appoggio scientifico ed organizzativo della Fondazione Hartung-Bergman di Antibes, che ha prestato la maggior parte delle opere che sono presentate al pubblico. Oltre a fare il punto sullo stato più avanzato degli studi relativi alla produzione del pittore, l'esposizione è stata concepita con il proposito di acclamarne l'indubbia - ma ancora insufficientemente riconosciuta presso il pubblico italiano - statura di protagonista nel contesto della contemporanea pittura europea a dieci anni dalla scomparsa.
La mostra è accompagnata da un esauriente catalogo (edito da Umberto Allemandi & c.) contenente, oltre a vari contributi interpretativi ed apparati critici (di Giuseppe Appella, Fabrizio D'Amico, Riccardo Passoni), le riproduzioni di tutte le opere esposte.


La carriera artistica

La mostra propone 140 opere realizzate dal pittore tedesco lungo tutto l'arco della sua carriera artistica. La maggior parte dei lavori esposti -acquerelli,matite,pastelli su carta; oli, colori, vinilici, acrilici su tela, condotti sovente con tecniche sperimentali - provengono dalla "Fondazione Hans Hartung-Anna Eva Bergman", che ha pienamente collaborato alla realizzazione del progetto.



Nato a Lipsia (Germania) nel 1904, Hans Hartung segue la famiglia in Svizzera (1912-14), per rientrare poi in Germania in seguito allo scoppio della Prima Guerra mondiale. Studia a Dresda, poi, a Lipsia e a Monaco, completa la sua formazione studiando filosofia, storia dell'arte e frequentando l'Accademia delle Belle Arti. Nella sua prima produzione, come ben documentato in mostra, è velocissimo l'affrancamento di Hartung dalla nozione di una pittura descrittiva in direzione di libere soluzioni di espressione astratta. Già nel 1922, infatti, nascono gli straordinari acquerelli in cui la ricchezza dei colori è messa al servizio della personale fantasia dell'artista; mentre i fogli immediatamente successivi propongono una suggestiva ricognizione dei rapporti tra segno e spazio.



Negli anni seguenti (1926-31) Hartung viaggia attraverso l'Europa; conosce Anna Eva Bergman, che sposa nel 1929. Con lei progetta la casa-studio di Minorca, ove dipinge e disegna, rimeditando, tra l'altro, la tradizione cubista in senso astratto.

Nel 1935 è a Parigi, ove si rifugia, perseguito dal regime nazista. E' il momento degli incontri con Kandinsky, Mondrian, Mirò, Magnelli, Calder, della ricerca di un personale approdo alle novità surrealiste, della partecipazione ai Salon des surrindépendents. Tra il '38 ed il '39 lavora presso l'atelier dello scultore spagnolo Jolio Gonzales, di cui sposerà la figlia Roberta, dopo essersi separato dalla Bergman.



Dopo le vicissitudini della Seconda Guerra mondiale, che lo vedono impegnato con la Legione Straniera francese in Africa del Nord e poi in Alsazia, ove perderà una gamba, Hartung è nuovamente a Parigi, aiutato da Calder. Nel 1946 ottiene la nazionalità francese.

Riprende le sue sperimentazioni astratte, al contempo libere e rigorose, esemplificate in mostra da talune sue carte raffinatissime, e dall'importante "T 1946-16", di proprietà del Musée d'Art Moderne de la Ville di Parigi, nonchè da "T 1949-9", proveniente dalla Kunstammlung Nordrhein Westfalen di Düsseldorf.

L'attività espositiva di Hartung aumenta di intensità di anno in anno, e conta, nel 1952, un'importante retrospettiva presso la Kunsthalle di Basilea. Il pittore ritrova Anna Eva Bergman, che risposerà nel 1957, in seguito al divorzio da Roberta Gonzales. A partire dalla metà degli anni Cinquanta il segno di Hartung assume una nuova piega calligrafica, dai colti richiami orientali, qui leggibili in inchiostri e tele di diversa provenienza, come "T 1956-19", della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.



Il valore della pittura di Hartung assume consensi sempre più crescenti presso la critica e le istituzioni: nel 1960 gli verrà conferito il Gran Premio per la pittura della Biennale di Venezia. Già nel lontano 1966 la Galleria d'Arte Moderna di Torino aveva voluto rendere omaggio alla figura di Hartung allora in piena attività. A far data da quella circostanza emblematica, la mostra attuale può offrire, oltre ad un taglio critico diversamente pensato, gli esiti avvincenti della produzione dell'ultimo quarto di secolo dell'artista tedesco.



Perchè, lungi dallo scadere in una pedissequa accademia, lo stile di Hartung, come ben dimostra questa esposizione, era lontano dall'aver esaurito la sua carica di ricerca, di fantastica, seppur controllata, esplorazione dei territori della dimensione astratta. Gli anni sessanta testimoniano anzi di una nuova fiammata espressiva del maturo pittore, con nuovi approfondimenti sull'uso di spatole, pennelli e colori, che schiudevano un nuovo universo formale.Fino alle ultime, recenti, tele degli anni Settanta-Ottanta, nate cioè nella nuova residenza di Antibes: sempre più imponenti percettivamente, sempre più ferme nel controllo della stesura delle superfici, sempre più spregiudicatamente variate negli effetti come nelle soluzioni cromatiche, proiettate nel raggiungimento di una assoluta autonomia di visione; una visione sprigionata da un moto, si direbbe esclusivamente mentale, ma che nulla aveva perso del piacere di fare pittura.



Autoritratti

I miei quaderni di scuola si riempirono di pagine e pagine di lampi. Mio padre li chiamava i "Blitzbücher" di Hans, i libri dei lampi. Questi lampi infantili hanno avuto, ne sono certo, un'influenza sul mio sviluppo artistico, sul mio modo di dipingere. Mi hanno dato il senso della rapidità del tratto, la voglia di cogliere con la matita o con il pennello l'istantaneità, mi hanno fatto intendere l'importanza della spontaneità. Così, ci sono spesso, nei miei quadri, delle linee zigzaganti e spezzate, che corrono e traversano la tela come accadeva allora sui quaderni dei lampi. Quindi,in un certo senso, c'era già lì l'intrusione di un elemento astratto, almeno latente, di un percorso istantaneo della forza, la cui eco mi ha seguito fino ad ora e non mi lascerà più.(...)

Risalgono al 1921 i miei primi schizzi più adulti, più seri, la maggior parte dei quali molto tormentati: qualcuno - a parte ogni guidizio di valore - sembrava opera di uno spirito vicino alle cose giovanili di Cézanne e alla sua concezione sensoriale della vita (purtroppo, né lui né, più tardi, io stesso, abbiamo avuto diritto ad utilizzare modelle) (...)
Tutto ciò, in me, era realizzato in uno stile che mi veniva da alcuni impressionisti tedeschi, e, in seguito, dagli espressionisti.
La fonte più diretta che doveva condurmi all'arte astratta è stata, senza alcun dubbio, l'incisione su legno di alcuni pittori come Heckel, Kirchner, Schmidt-Rottluff, Pechstein e Nolde. Già allora, come molte volte più tardi, la scoperta casuale del mezzo espressivo ha giocato un suo ruolo determinante: la penna e l'inchiostro del banco di scuola mi avevano permesso, o incitato, al disegno rapido e corsivo.



Hans Hartung, Autoritratto


L'arte astratta mi sembra essere il momento più puro nella vicenda dell'arte moderna. Con essa, dopo un lungo rilassamento sul piano formale, si ha una tendenza purificatrice che era già cominciata con Cézanne ed era proseguita, in Francia, con il cubismo analitico. La macchia ridiventa una macchia, il tratto un tratto, la superficie ridiventa superficie. Più che mai le opere vivono autonome, libere dalla sottomissione alla mimesi. Cosa che, da allora, permette di riunire - senza falsarli - i poli maggiori dell'esistenza: l'universo, e l'uomo in quell'universo... Prima della guerra, le mie macchie avevano cominciato ad accompagnarsi a larghi tratti scuri che prefiguravano quelle "travi" che, per molti pittori ( Franz Kline, Soulages e per me stesso ancora), avrebbero giocato un ruolo importante dopo la guerra. allo stesso tempo, ritrovavo rapidamente il gusto "espressionista": le mie "travi" si distendevano aggressive attraverso la tela come sbarre d'una prigione. I miei disegni erano attraversati da strani tratti contorti, ingarburgliati, disperati come graffi. Ne feci alcuni su quelle lavagne da scolaro, fatte di cartone e quadrettate in rosso, che avevano per lo meno il merito di essere a buon mercato.